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T'immagino poesia

L'ho sempre detto: faccio fotografia perché avrei voluto saper scrivere. Non sapendolo fare nel modo che vorrei, affido alle immagini i miei pensieri.
Comunque sia, siamo quello che leggiamo, che ascoltiamo, che annusiamo. Le mie visioni (e certamente non solo le mie), nascono spesso dalla lettura di poesie.
Una passione che mi porta a guardare il Mondo non per come lo vedono gli occhi, ma per come l'ho letto o ascoltato in precedenza.
Così capita che, magari mentre passeggio, si materializzano le parole su di un albero, una foglia, un vento. Il visto/non visto; l'immaginato.
Il prima e il dopo quell'attimo ormai passato.
Conosco poeti che talvolta mi fanno il dono di dar voce alle fotografie. Si fanno compagnia, ed è bellissimo. Ne sono grato.
Quando ciò non è possibile, "rubo" parole ai miei poeti preferiti e vesto le fotografie dei loro abiti preziosi, sperando di non far loro torto.

In questo luogo trovate ciò: parole non mie che vorrei lo fossero, e un po' lo sono, e immagini mie, che spero siano un poco anche vostre.

Ah Mondo,
t'immagino Poesia.

Stefano.
Io so che tu umanamente resisti E poi nella mente soltanto stelle lucide - Maria Grazia Nappa - Fotografia: © Stefano Tommasi
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Io so che tu umanamente resisti
E poi nella mente soltanto stelle lucide


- Maria Grazia Nappa -
Fotografia: © Stefano Tommasi
- Stanza - L’abitudine alla clemenza non mi fa retrocedere: resto qui a recuperare lo splendore. A prepararmi all’indomani randagio dentro i campi dello stupore. Arriverà. Il destino illuminerà i giorni bui. E farà del verbo la parola prima: trasformare, incarnare. Talvolta, restare. Da La grazia degli invisibili Di Maria Grazia Nappa Fotografia: © Stefano Tommasi
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- Stanza -

L’abitudine alla clemenza
non mi fa retrocedere:
resto qui a recuperare lo splendore.
A prepararmi all’indomani randagio
dentro i campi dello stupore.
Arriverà. Il destino illuminerà i giorni bui.
E farà del verbo la parola prima:
trasformare, incarnare.
Talvolta, restare.

Da La grazia degli invisibili

Di Maria Grazia Nappa
Fotografia: © Stefano Tommasi
- Invisibile - Ho insistito purché la parola costringesse alla lealtà, ma la paura d'esserci è uno sguardo disattento al cielo, impetuosa come la grazia degli invisibili, somigliante alla sagoma di una bambina discordante e schiva nella fiaba accomodata, fiduciosa dal primo giorno. (Maria Grazia Nappa) Fotografia: © Stefano Tommasi
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- Invisibile -

Ho insistito
purché la parola costringesse alla lealtà,
ma la paura d'esserci
è uno sguardo disattento al cielo,
impetuosa come la grazia degli invisibili,
somigliante alla sagoma di una bambina
discordante e schiva
nella fiaba accomodata,
fiduciosa dal primo giorno.

(Maria Grazia Nappa)

Fotografia: © Stefano Tommasi

Non reagire al male Non reagire al male. sarai marea contro terriccio, silenzio contro rancore. Spegnerai l'eccesso innalzandoti in trasparenza; ti trasformerai in poesia calando il sipario. Col tuo dramma, i tuoi capelli spezzati, i ragni nel cervello; se sarai forza, diventerai teatro. Poesia di: ©Maria Grazia Nappa Fotografia di: ©Stefano Tommasi
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Non reagire al male

Non reagire al male.
sarai marea contro terriccio,
silenzio contro rancore.
Spegnerai l'eccesso innalzandoti in trasparenza;
ti trasformerai in poesia calando il sipario.
Col tuo dramma,
i tuoi capelli spezzati,
i ragni nel cervello;
se sarai forza,
diventerai teatro.


Poesia di: ©Maria Grazia Nappa
Fotografia di: ©Stefano Tommasi
Tu fino a me Alla più variabile nuvola confiderò l'armonia dove quest'aprile che s'aspre, giace, e spina di un fiore reciso l'obliqua sua luce. Se l’amore accoglie domande sempre tipiche m’incupisce la sua tiepida magnificenza. Dovessi io rinunciare al disordine dei sentimenti, buttami nell’aria rumorosa. Inedito di: ©Maria Grazia Nappa Fotografia di: ©Stefano Tommasi
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Tu fino a me

Alla più variabile nuvola confiderò l'armonia
dove quest'aprile che s'aspre, giace, e spina di
un fiore reciso l'obliqua sua luce.
Se l’amore accoglie domande sempre tipiche
m’incupisce la sua tiepida magnificenza.
Dovessi io rinunciare al disordine dei sentimenti,
buttami nell’aria rumorosa.


Inedito di: ©Maria Grazia Nappa
Fotografia di: ©Stefano Tommasi
E' un Autunno di un giallastro cordone ombelicale che non si spezza, aggrovigliato dalle ali di altre stagioni. Sono giorni carnivori; le campane domenicali rincorrono il vento. E la fretta dell'inverno odora di sorgente. Mi ritroverò dentro fiumi ammaestrati; perché ogni sogno rubato è viandante per natura. E' un autunno che non si spezza. Che mai si spezza. Come le radici di una voce in sottofondo. Poesia di © Maria Grazia Nappa Fotografia: © Stefano Tommasi
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E' un Autunno
di un giallastro cordone ombelicale
che non si spezza,
aggrovigliato dalle ali
di altre stagioni.
Sono giorni carnivori;
le campane domenicali rincorrono il vento.
E la fretta dell'inverno
odora di sorgente.
Mi ritroverò dentro fiumi ammaestrati;
perché ogni sogno rubato è viandante per natura.
E' un autunno che non si spezza.
Che mai si spezza.
Come le radici di una voce in sottofondo.



Poesia di © Maria Grazia Nappa
Fotografia: © Stefano Tommasi

Tu sei la Luna ed io la Stella Tu sei la Stella ed io la Luna Tu sei il Cielo della Stella e della Luna. Fotografia: © Stefano Tommasi - Pensieri verso sera -
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Tu sei la Luna
ed io la Stella

Tu sei la Stella
ed io la Luna

Tu sei il Cielo
della Stella e della Luna.


Fotografia: © Stefano Tommasi
- Pensieri verso sera -
Adesso che sono diventata di muro e gesso La polvere si stratifica sull' organo rosso Peccato che lui taccia E non trovi le parole I graffi sono usciti fuori dalla gabbia. Ora mi cucio tutte le mie bocche Ma le parole liquide escono comunque Io te le soffio sul viso Scansandoti i capelli dai progetti di silenzio. Sembravi umano ma non lo eri. Sembravo fatta di acqua me ero lava invece. Quando mi rimpicciolivo per essere amata Dovevo mettere le mie mani ed i miei occhi e litri di pelle nella tua valigia. Ora rimpicciolisciti tu. Ora rimpicciolitevi voi. Poesia di: Alessandra Mosca Amapola Fotografia: © Stefano Tommasi
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Adesso che sono diventata di muro e gesso
La polvere si stratifica sull' organo rosso
Peccato che lui taccia
E non trovi le parole
I graffi sono usciti fuori dalla gabbia.
Ora mi cucio tutte le mie bocche
Ma le parole liquide escono comunque
Io te le soffio sul viso
Scansandoti i capelli dai progetti di silenzio.
Sembravi umano ma non lo eri.
Sembravo fatta di acqua me ero lava invece.
Quando mi rimpicciolivo per essere amata
Dovevo mettere le mie mani ed i miei occhi e litri di pelle nella tua valigia.
Ora rimpicciolisciti tu.
Ora rimpicciolitevi voi.

Poesia di: Alessandra Mosca Amapola

Fotografia: © Stefano Tommasi
„Che mondaccio, signor Gubbio, che mondaccio è questo! che schifo! Ma pajono tutti… che so! Ma perché si dev'essere così? Mascherati! Mascherati! Mascherati! Me lo dica lei! Perché, appena insieme, l'uno di fronte all'altro, diventiamo tutti tanti pagliacci? Scusi, no, anch'io, anch'io; mi ci metto anch'io; tutti! Mascherati! Questo un'aria così; quello un'aria cosà… E dentro siamo diversi! Abbiamo il cuore, dentro, come… come un bambino rincantucciato, offeso, che piange e si vergogna!“ (Luigi Pirandello) - Quaderni di Serafino Gubbio operatore. Fotografia: Maschere - © Stefano Tommasi
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„Che mondaccio, signor Gubbio, che mondaccio è questo! che schifo!
Ma pajono tutti… che so! Ma perché si dev'essere così? Mascherati! Mascherati! Mascherati!
Me lo dica lei! Perché, appena insieme, l'uno di fronte all'altro, diventiamo tutti tanti pagliacci?
Scusi, no, anch'io, anch'io; mi ci metto anch'io; tutti! Mascherati! Questo un'aria così; quello un'aria cosà…
E dentro siamo diversi! Abbiamo il cuore, dentro, come… come un bambino rincantucciato, offeso, che piange e si vergogna!“


(Luigi Pirandello) - Quaderni di Serafino Gubbio operatore.

Fotografia: Maschere - © Stefano Tommasi
E so molto bene che non ci sarai. Non ci sarai nella strada, non nel mormorio che sgorga di notte dai pali che la illuminano, neppure nel gesto di scegliere il menù, o nel sorriso che alleggerisce il tutto completo delle sotterranee, nei libri prestati e nell'arrivederci a domani. Nei miei sogni non ci sarai, nel destino originale delle parole, né ci sarai in un numero di telefono o nel colore di un paio di guanti, di una blusa. Mi infurierò, amor mio, e non sarà per te, e non per te comprerò dolci, all'angolo a cui non svolterai, e dirò le parole che si dicono e mangerò le cose che si mangiano e sognerò i sogni che si sognano e so molto bene che non ci sarai, né qui dentro, il carcere dove ancora ti detengo, né là fuori, in quel fiume di strade e di ponti. Non ci sarai per niente, non sarai neppure ricordo, e quando ti penserò, penserò un pensiero che oscuramente cerca di ricordarsi di te. Le ragioni della collera (Fahrenheit 451, 1995), trad. it. G. Toti Fotografia: © Stefano Tommasi
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E so molto bene che non ci sarai.
Non ci sarai nella strada,
non nel mormorio che sgorga di notte
dai pali che la illuminano,
neppure nel gesto di scegliere il menù,
o nel sorriso che alleggerisce il tutto completo delle sotterranee,
nei libri prestati e nell'arrivederci a domani.

Nei miei sogni non ci sarai,
nel destino originale delle parole,
né ci sarai in un numero di telefono
o nel colore di un paio di guanti, di una blusa.
Mi infurierò, amor mio, e non sarà per te,
e non per te comprerò dolci,
all'angolo a cui non svolterai,
e dirò le parole che si dicono
e mangerò le cose che si mangiano
e sognerò i sogni che si sognano
e so molto bene che non ci sarai,
né qui dentro, il carcere dove ancora ti detengo,
né là fuori, in quel fiume di strade e di ponti.
Non ci sarai per niente, non sarai neppure ricordo,
e quando ti penserò, penserò un pensiero
che oscuramente cerca di ricordarsi di te.



Le ragioni della collera (Fahrenheit 451, 1995), trad. it. G. Toti

Fotografia: © Stefano Tommasi
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino. Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio. Il mio dura tuttora, nè più mi occorrono le coincidenze, le prenotazioni, le trappole, gli scorni di chi crede che la realtà sia quella che si vede. Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio non già perché con quattr'occhi forse si vede di più. Con te le ho scese perché sapevo che di noi due le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate, erano le tue. Poesie scelte: EUGENIO MONTALE, Satura 1962-70 (Milano, Mondadori 1971). Fotografia: © Stefano Tommasi
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Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, nè più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr'occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.

Poesie scelte: EUGENIO MONTALE, Satura 1962-70 (Milano, Mondadori 1971).

Fotografia: © Stefano Tommasi
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